L’incontro in Università con Marcelo Rubens Paiva
Dopo la presentazione di “Ainda Estou Aqui” al Galleria e l’incontro a Polignano a Mare dedicato a Eunice Facciolla Paiva, l’ultimo appuntamento del Bari Brasil Film Fest con Marcelo Rubens Paiva e le sorelle Vera Silvia – arrivata in Puglia con il marito George Avelino Fillho – e Ana Lùcia Facciolla Paiva è stato l’incontro con gli studenti del corso di Lingua e Traduzione di Lingua Portoghese dei professori Ugo Serani e Rui Costa, aperto anche al pubblico della nostra rassegna, che ha affollato la sala.
Marcelo Rubens Paiva ha esordito ricordando che questa è stata la sesta volta che è venuto in Italia, ma la prima in cui ha visitato Polignano a Mare, la cittadina in cui era nato suo nonno, padre di Eunice Facciolla Paiva, e dalla quale era partito per il Brasile nel 1904. Del resto, San Paolo è considerata la più grande città italiana al mondo, come ha ricordato scherzando lo scrittore, vista la presenza di milioni di discendenti dai migranti italiani, che hanno conservato numerose abitudini dei propri avi. E quindi è stato molto emozionante per la famiglia Facciolla Paiva ritrovare i parenti italiani mai conosciuti.
Poi lo scrittore ha ricordato con ironia la caldissima domenica di fine agosto del 2024 in cui il film tratto dal suo libro autobiografico “Sono ancora qui” (La Nuova Frontiera Editore, 2025), è stato presentato alla Mostra di Venezia: quel giorno i figli di Eunice sono stati fatti sfilare per primi sullo stesso tappeto rosso calcato poche ore prima da George Clooney, Nicole Kidman e Brad Pitt. Nessuno si immaginava la calorosa accoglienza del pubblico al termine della prima proiezione con gli applausi che non volevano finire.
Marcelo ha poi descritto brevemente la tragica storia della sua famiglia con l’arresto del padre Rubens Paiva, ingegnere civile ed ex deputato, avvenuto durante la dittatura militare in Brasile, nel gennaio 1971, e la sua sparizione nel nulla. Per anni e anni i familiari non hanno saputo niente della sua sorte, del decesso avvenuto il secondo giorno di prigionia, in seguito alle ferite riportate per le torture durante gli interrogatori. “Mia madre trasformò il suo dolore in battaglia per la verità, senza mai atteggiarsi a vittima”, ha spiegato lo scrittore, che ha ricordato come l’idea di scrivere il libro sia venuta in seguito al tragico destino della mamma, che perse la memoria per l’Alzhaimer, una malattia che spegne l’anima delle persone, ancor prima del corpo.
In quegli anni in famiglia ormai si parlava di Eunice al passato. Tuttavia, la donna nei suoi momenti di lucidità si rivolgeva ai figli: “Sono ancora qui”. “Si mamma, lo sappiamo, perdonaci”, rispondevano loro. Questa scena, che dà il titolo al libro, non è stata inserita nel film di Walter Salles, amico d’infanzia dei Paiva: il regista si è giustificato spiegando che il cinema è sottrazione e non serviva metterla nel lungometraggio.
Nello scrivere il libro nel 2015, Marcelo intendeva spiegare bene il significato di una dittatura. Lo scrittore ricorda come realizzandolo abbia capito che sua madre non sia stata semplicemente la vedova di un desaparecido, ma una donna capace di crescere cinque figli e contemporaneamente partecipare in modo attivo alla politica, favorendo l’uscita dalla dittatura.
Oggi Eunice Facciolla Paiva riposa nella tomba di famiglia nel cimitero di San Paolo, un’architettura che ricorda una casa mediterranea, insieme a altri parenti sulle cui lapidi c’è solo la data di morte, come capita spesso ai migranti che hanno lasciato in Europa il loro passato. Ogni volta che Marcelo passa in autobus dalla strada che costeggia il camposanto, manda un saluto alla madre, una donna dalla forte etica cristiana, che – nonostante il dramma vissuto – è riuscita a essere felice, realizzata come avvocata, piena di progetti. Paiva ha anche ricordato un sogno fatto poco dopo la sua morte: l’ha rivista nella vecchia casa di famiglia e le ha confessato di avere ancora bisogno di lei.
Secondo lo scrittore, il libro e il film sono arrivati nel momento giusto, in un periodo di crisi delle democrazie. Si spiega così il successo mondiale, dovuto anche alla straordinaria interpretazione di Fernanda Torres. In tanti avevano bisogno di qualcuno che sussurrasse loro: “Resistete, ma senza perdere il sorriso”, proprio come ha fatto la famiglia Facciolla Paiva.
Dopo che la direttrice artistica del Bari Brasil Film Fest, Vanessa Mastrocessario Silva, visibilmente commossa, ha ringraziato la famiglia Paiva per aver regalato alla rassegna momenti indimenticabili, è stato il turno del professor Ugo Serani, che ha tracciato un breve ritratto della figura di Marcelo Rubens Paiva, fin dal suo esordio nel 1982 con “Felice anno vecchio” (pubblicato in Italia da Feltrinelli, 1988), ripercorrendo la felice carriera di scrittore, drammaturgo e sceneggiatore, pluripremiato anche per i suoi lavori teatrali. A tal proposito Paiva ha voluto citare tre scrittori che hanno influenzato il suo lavoro: Franz Kafka con “Le metamorfosi”, Virginia Wolf con Orlando e Italo Calvino.
Inoltre, Serani ha voluto ricordare come Marcelo sia un abile ideatore di “cronache”, brevi elzeviri che vantano una lunga tradizione in Brasile: una colonna in cui l’autore si sofferma su piccole storie quotidiane, che hanno per oggetto gli elementi più semplici e banali, per poi allargare la visione a temi generali. Si tratta di una tipologia che ha influenzato molto il suo modo di scrivere nel tempo. A tal riguardo Marcelo ne ha improvvisato un sorprendente esempio: partendo da una stellina di carta finita sul pavimento dell’aula di Bari, lo scrittore ha iniziato a farsi domande su come potesse essere finita lì, su chi l’avesse fatta, sul perché una stella che dovrebbe essere in cielo ora fosse in terra, per concludere con una serie di quesiti sulla natura dell’uomo, che potrebbe essere fatto della stessa materia delle stelle.
Il professor Serani ha rivolto una serie di domande a Marcelo, come quello sul carattere universale del libro che avrebbe potuto intitolarsi “Siamo tutti ancora qui”. In effetti per Paiva questa sua opera è la storia di una famiglia, che però è anche quella del Brasile intero. Negli ultimi anni si stava diffondendo un movimento negazionista in Brasile, che portava a colpevolizzare gli scomparsi, bollandoli superficialmente come “comunisti”. Ma tra le persone incarcerate o finite in esilio ci sono stati musicisti, registi, professori universitari, giornalisti con ideologie ben diverse da quella comunista, come lo stesso Rubens Paiva.
Verso la fine dell’incontro il numeroso pubblico accorso ha avuto la possibilità di intervenire. Ci si è chiesti come mai in Europa si sia saputo così poco della dittatura militare brasiliana. Ana Lùcia Facciolla Paiva ha dato due spiegazioni plausibili: da un lato le dimensioni estese che hanno favorito la censura e la scarsa diffusione delle notizie. D’altra parte, la maggior parte delle vittime della violenza in quegli anni appartenevano alle minoranze più vulnerabili, come gli indios e i neri, che non avevano la possibilità di far sentire la loro voce.
Dal pubblico Ana Estrela ha voluto portare la propria toccante esperienza di giovane artista nera a Salvador de Baia durante quegli anni, ricordando quando fu fermata per aver affisso una semplice locandina e confessando di aver avuto paura di un ritorno al passato negli ultimi anni. Anche Vera Silvia Facciolla Paiva ha ammesso di aver avuto gli stessi timori con l’avvento di Jair Bolsonaro, un uomo al quale non piaceva la famiglia di Eunice.
Infine, ci sono state anche diverse domande sul film: Marcelo Ruben Paiva ha confermato che il regista Walter Salles aveva frequentato a lungo da ragazzo la casa dei Paiva, essendo un amico della sorella. Il su lungometraggio ha rispettato l’intenzione del libro di mettere al centro della storia la figura di Eunice Facciolla Paiva e di focalizzarsi sul tema di quel che prova la famiglia quando qualcuno scompare senza che si sappia più nulla. Del resto, Marcelo ha partecipato attivamente alla sceneggiatura, elargendo numerosi consigli.
Foto di Vito Signorile
Vincenzo Camaggio











