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Jefferson Mello si racconta ai giovani

La giornata di giovedì 23 ottobre del Bari Brasil Film Fest è stata dedicata a due incontri di Jefferson Mello, regista di Razões Africanas, con gli studenti del corso di Lingua e Traduzione Portoghese dell’Università di Bari e con gli allievi dell’Accademia del Cinema Ragazzi di San Pio.

In mattinata, in un incontro aperto al pubblico presso la Facoltà di Lingue dell’Ateneo barese, Jefferson Mello ha raccontato la sua esperienza agli studenti del corso del professor Ugo Serani, che ha introdotto il regista ricordandone il lungo lavoro di ricerca sul rapporto tra generi musicali diversi. Questa attività l’ha portato a studiare le connessioni tra i vari Paesi, come era già avvenuto per il suo “Samba & Jazz”, già presentato al Bari Brasil Film Fest nel 2016.

“I film di Jefferson sono come una tesi di dottorato”, ha spiegato la direttrice artistica del Bari Brasil Film Fest Vanessa Mastrocessareo Silva, per sottolineare l’accuratezza con cui il regista si immerge nei temi trattati nei propri documentari, spesso girati dopo anni di ricerche e approfondimenti.

Dopo questa breve introduzione Mello ha iniziato a raccontare la sua esperienza, a partire dagli esordi come fotografo di moda e per la pubblicità. Dopo queste esperienze ha deciso di lavorare nel marketing e nella comunicazione in ambito sportivo, anche per squadre di calcio brasiliane importanti come il Botafogo e il Vasco da Gama. Tuttavia, quando era ormai all’apice della carriera, ha scelto di dedicarsi al cinema, aprendo una casa di produzione per poter realizzare i propri film in modo indipendente, sfruttando le tante competenze sviluppate negli anni precedenti.

“La fotografia è essenziale per il cinema”, ha aggiunto il regista, ricordando come nel tempo si fosse specializzato nel ritrarre musicisti neri, anche per realizzare le copertine degli album, nutrendo da sempre una grande passione per la musica, in particolare il jazz. Così ha pubblicato il libro “Os caminhos do Jazz”, nel quale ha fotografato musicisti in giro per il mondo e che è servito come punto di partenza per la realizzazione del documentario “Samba & Jazz”. Da qui è iniziato l’interesse di Mello per la diaspora, dovuto anche alla volontà di riscoprire le radici africane del jazz.

L’esperienza di “Razões Africanas”

Già mentre concludeva la lavorazione del suo primo documentario, il regista stava pianificando la realizzazione di “Razões Africanas”, lungometraggio che si focalizza sulle origini africane, che riportano a tre luoghi diversi del continente, di tre ritmi musicali importanti, come il blues degli Stati Uniti, la rumba cubana e il jongo brasiliano, ancora poco conosciuto, nonostante sia alla base del samba.  Per Jefferson, infatti, un documentarista deve essere anche un bravo antropologo capace di approfondire la ricerca anche sugli aspetti culturali e letterari di un dato tema da affrontare. Non è un caso che per realizzare questo suo lungometraggio sia stato almeno cinque volte nell’arco di quattro anni in ciascuno dei sei Paesi in cui ha sviluppato la propria ricerca: Brasile, Cuba, Stati Uniti, Angola, Mali e Repubblica democratica del Congo.

Altra particolarità più volte sottolineata da Mello è stata quella di utilizzare maestranze locali in ogni luogo che l’ha ospitato: una scelta non semplice, che ha portato diverse complicazioni nella realizzazione del film, ma che ha sicuramente arricchito la pellicola. Il regista ha viaggiato con l’attrezzatura professionale, messa a disposizione dei tecnici locali, che hanno accolto molto bene questa opportunità, contribuendo con la propria esperienza personale allo sviluppo del documentario.

Nel corso dell’incontro in università Jefferson ha dato qualche anticipazione sul suo prossimo progetto che sta realizzando in questi giorni a Roma: una docufiction sul razzismo nel mondo del calcio, in cui si parlerà anche delle “Camisas Negras” del Vasco da Gama. Questa compagine era formata da giocatori neri, analfabeti e poveri, in un’epoca in cui il calcio in Brasile era dominato dall’élite bianca. La vittoria del club nel campionato nel 1923 fu una pietra miliare, anche se provocò il rifiuto da parte degli avversari, che in seguito crearono una lega con regole ideate apposta per non far partecipare i vincitori. A distanza di un secolo Mello esamina il razzismo nel calcio in sette Paesi (Brasile, Italia, Francia, Germania, Polonia, Stati Uniti e Argentina), sottolineando però anche la risposta dei movimenti antifascisti nelle varie tifoserie.

Dopo aver esaminato il legame col fascismo di alcuni gruppi di ultras in Italia, Mello si prepara a recarsi in Polonia, dove i movimenti nazionalisti sono sempre più radicati nel calcio. La lavorazione di questa nuova opera dovrebbe concludersi in tempo per il lancio durante i mondiali di calcio del 2026. Per il futuro il regista ha già in cantiere due diversi progetti: un documentario sul calcio femminile e uno sulla fame nel mondo.

In conclusione, Mello ha ribadito come tutte le sue opere abbiano temi sociali di fondo: attraverso la propria arte mira a rendere consapevoli gli spettatori, sensibilizzandoli su problematiche attuali. Si tratta di un lungo percorso che, ad esempio, lo ha reso credibile agli occhi della comunità nera brasiliana, di solito molto attenta al tema dell’appropriazione culturale da parte dei bianchi.

L’incontro con gli allievi dell’Accademia di San Pio

Nel pomeriggio di giovedì 23 ottobre Jefferson ha incontrato anche gli allievi dell’Accademia del Cinema Ragazzi ai quali ha raccontato la sua esperienza nel girare “Razões Africanas”. I ragazzi, pungolati dal coordinatore della scuola Ruggiero Cristallo, hanno sommerso Jefferson di domande sul documentario. Il regista ha iniziato col ricordare l’importanza della sua esperienza di direttore della fotografia, sottolineando come le conoscenze in diversi ambiti, dalla produzione alla regia, lo abbiano aiutato a realizzare un’impresa così complessa.

Alla domanda sulle difficoltà incontrate nelle riprese, mai preparate a priori, ha ricordato l’episodio di un matrimonio da filmare in un villaggio sperduto del Mali. In un documentario girato in sei Paesi hanno avuto un ruolo fondamentale, nel bene e nel male, i produttori locali: quella volta per arrivare nel luogo delle nozze la troupe aveva ricevuto un vecchio pulmino che puntualmente ha subito un guasto, lasciando Mello e i suoi tecnici per cinque ore sotto un sole bollente. Per fortuna un buon samaritano incrociato sulla strada si è offerto di accompagnare il regista, l’operatore di ripresa e il tecnico del suono nel villaggio; quando anche questo mezzo ha avuto problemi per il surriscaldamento del motore, i tre hanno avuto paura di non riuscire a raggiungere la loro meta. Tuttavia, alla fine, hanno potuto riprendere il viaggio e filmare il matrimonio.

Gli allievi si sono poi interrogati sulle motivazioni più intime che hanno portato a ideare un racconto simile, su aspetti tecnici come l’uso del bianco e nero o del tipo di videocamere per le riprese, sui rapporti personali che si sono creati praticamente con tutti personaggi intervistati, sulle difficoltà personali nel girare scene complicate come quella di un funerale.

Infine, Jefferson Mello ha voluto dare un consiglio a tutti i giovani presenti: pur ribadendo l’importanza della fotografia e del suo passato dietro una fotocamera – che è stato utile nella paziente preparazione di alcune scene, come quella del temporale sui campi di cotone – il regista ha esortato i ragazzi ad avere una visione globale e a moltiplicare le conoscenze, per garantirsi una vera indipendenza creativa.

Foto di Vito Signorile.

Vincenzo Camaggio

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